domenica 29 aprile 2007

Sole che si abbandona all'imbrunire e bambini che tornano a giocare all'aperto, sotto le mie finestre. Non è per nulla un'immagine aulica in quanto i bambini di oggi quando bestemmiano e basta è già tanto, ma non è di questo che voglio parlare.
Il mutamento così impercettibilmente repentino del clima mi lascia ansioso questo pomeriggio. E non so perchè. Poi rifletto, rimugino, rumino e capisco. La risposta era già tra queste pagine, e si trova qui. E' già passato un anno dal ventinove aprile scorso, e inaspettatamente questo ventinove aprile andrà a concludersi quasi come il precedente. E tutta la mia verità oggi è in quel "quasi". E quanto c'è dietro quel "quasi", non sarò solo, e non metterò giacca e camicia ma una semplice polo, come un tempo. E un altro brindisi... se penso a qualche anno fa, se penso all'angoscia di questo giorno. Ed ecco cos'è l'ansia di questo pomeriggio: solo l'alone di un ricordo, di un brutto lungo ricordo. E la mia serata era già impegnata questa sera, ho rinunciato pure ad una partita di calcetto offerta dal Dott. Azzarà (dottore ma vi mancava la palla?). Dirò ai miei impegni di farsi da parte, o forse già si son fatti da parte in autonomia, quasi a capire la solennità di questa sera. Adesso la percepisco anch'io questa solennità, e forse per questo l'alone di ansia che mi accompagnava muta. E resto qui, in attesa della mezzanotte. Non davanti al televideo, non su quel divano sudato e pesante. E quanto c'è dietro quel "quasi", quante cose porta un anno nuovo, quanti sogni diventano speranze, quante speranze nascondono compitamente ombre di certezza... A dopo...

sabato 28 aprile 2007

Giornata di ricorrenze questa, giornata di rientri, di piccole innovazioni... ma è tardi, devo fare barba e doccia per essere presentabile ai miei bambini della lezione di chitarra. Quindi mi fermo qui, con pensieri che rimbalzeranno ancora a lungo tra le tempie, fino alla fine dell'inerzia, fino al ristoro della sera...

giovedì 26 aprile 2007

Ventisei aprile duemilasette. L'ultima lezione universitaria della mia vita oggi. L'ultima lezione universitaria della nostra vita oggi. E mi torna in mente l'ultimo giorno al liceo, tutto così più plateale e oggi devo ammettere molto meno sincero. Pure il tempo oggi, come ha suggerito il Dottore, ha voluto salutare con abbondanti lacrime questo microevento. Eravamo in quattro a portare la bandiera di tutta la felice compagnia, e il momento è scivolato quasi silenzioso tra le nostre sicurezze.
Sarà stata la pioggia a distrarci: mi sono infatti presentato in dolce compagnia a casa Bafia per farmi gentilmente asciugare a colpi di phon dopo una passeggiata che vedeva protagonisti i nostri esili corpi riparati da un misero ombrello, acqua dall'alto, dal basso, dai lati, fino alle ginocchia... si decide di chiamare un taxi per raggiungere il dipartimentodidirittoprivatoeteoriadeldiritto intitolato all'insigne giurista messinese Salvatore Pugliatti, il secondo taxi della mia vita. Ci raccoglie Lucca quattordici, e deve attendere qualche minuto i ritardatari del gruppo, ancora impegnati tra asciugamenti e pipì improvvise, tra le lacrime del dott. Azzarà che osservava impotente il tassametro girare inflessibile. Poi è stata solo strada, e solo una portiera che si apre con gli auguri del giovane tassista. E ci ritroviamo dentro, a mendicare una sedia che non fosse in equilibrio precario. Ci ritroviamo dentro a valutare il grado di inzuppamento dei nostri codici e dei nostri appunti. La lezione inizia. La lezione finisce. Forse si è parlato di nullità di protezione. Ma sarebbe inutile ricordare di cosa si sia parlato in una giornata così sui generis. E adesso scrivo, cosciente del fatto che non potrò mai più svegliarmi per andare a lezione, cosciente del fatto che non potrò più narrare di schiticchi organizzati mentre un prof spiega, cosciente del fatto che un'altra porta si è chiusa alle nostre spalle. Quale apriremo domani, colleghi dottori? E soprattutto, la apriremo ancora assieme?
Cosciente del fatto che forse ancora non ho ben realizzato cosa sia accaduto oggi, pubblico una delle rarissime foto scattate all'interno di un'aula al primo anno, inizio del secondo forse. Ironia della sorte: è la stessa aula che oggi ci ha dato l'addio. E nonostante gli anni passati ci siamo ancora. Perchè non dovremmo esserci domani?

mercoledì 25 aprile 2007

Anche questo venticinque aprile si può sentire fischiare il vento, ma non infuria la bufera. E' la brezza lieve e incessantemente incessabile della libertà che ci è stata donata. Ed ero di quelli che sotto il Governo Berlusconi non temeva per la nostra democrazia, perchè l'inettitudine (nel migliore dei casi) di un uomo non può mettere in pericolo la conquista partigiana, esito che fugge alla misura della comprensione umana. E, ricchi ereditieri, viviamo con le spalle leggere, certi del pane e del vino, certi di mille possibilità. Non ereditieri ma eterni debitori se andiamo a leggere il prezzo della conquista. Allora che ogni giorno possa nascondere tra le pieghe delle nostre azioni un alito di riconoscenza, un gesto di remunerazione. E' un atto dovuto...


Fischia il vento

Fischia il vento e infuria la bufera,
scarpe rotte e pur bisogna andar
a conquistare la rossa primavera
dove sorge il sol dell'avvenir.

Ogni contrada è patria del ribelle,
ogni donna a lui dona un sospir,
nella notte lo guidano le stelle,
forte il cuor e il braccio nel colpir.

Se ci coglie la crudele morte,
dura vendetta verrà dal partigian;
ormai sicura è già la dura sorte
del fascista vile e traditor.

Cessa il vento, calma è la bufera,
torna a casa il fiero partigian,
sventolando la rossa sua bandiera;
vittoriosi, al fin liberi siam!

Testo: Felice Cascione
Musica: sul tema russo "Katiuscia"
Anno: 1944

martedì 24 aprile 2007

Odissea, Libro XVII, vv. 291/327.

Un cane, sdraiato là, drizzò muso e orecchie, Argo, il cane del costante Odisseo, che un giorno lo nutrì di sua mano…e in passato lo conducevano i giovani a caccia di capre selvatiche, di cervi e di lepri; ma ora giaceva là, trascurato, partito il padrone sul molto letame di muli e di buoi, che davanti alle porte ammucchiavano, perché poi lo portassero i cervi a concimare il grande terreno di Odisseo; là giaceva il cane Argo, pieno di zecche. E allora, come sentì vicino Odisseo, mosse la coda, abbassò le orecchie, ma non poté correre incontro al padrone. E il padrone, voltandosi, si terse una lacrima, facilmente sfuggendo ad Eumeo…E Argo la Moira di nera morte afferrò appena rivisto Odisseo dopo venti anni.

domenica 22 aprile 2007

Ho provato a tacere, ho tentato di cambiare canale ogni volta che venivano proposti servizi sull'ultimo (in ogni senso) congresso dei DS. Ho provato a fare silenzio di fronte a quella che mi sembrava una sconfitta bruciante. Non ci sono riuscito.
E non voglio regalare spazi a un Fassino vuoto, così come vuoti sono tanti "compagni" che hanno appoggiato la sua mozione. La mia esperienza con i DS è già finita da tempo, al loro primo congresso. Lì ho capito che non era per me la strada, la condotta dei DS. Ho continuato a sperare però, ho continuato a credere in molti democratici di sinistra. Oggi ho smesso. I DS non sono più. E se bisogna specificare che "siamo ancora a sinistra", la vergogna si fa più grassa, più indelebile. Io sto da un'altra parte. Io sto in quella sinistra che non ha bisogno di dichiarazioni per essere definita tale, quella a cui basta un gesto, un'immagine, uno sguardo, una parola. Io sto nelle lacrime di Mussi, non in quelle di Fassino. E sul sito dei DS il discorso di Mussi è in grigetto, come in grigetto sono le parole di una coscienza che richiama dolorosamente alla dignità. Il primo errore è quello dell'ottantanove, il secondo far crescere fiori dove campeggiavano gli strumenti da lavoro. Oggi, il colpo di grazia.
Io ho solo un pugno di speranze adesso, mi rimane solo la speranza di un ritorno al grande PCI, con uomini nuovi, e soprattutto con gli uomini "giusti". La zavorra di Fassino & co allora è finalmente precipitata, adesso cerchiamo di capire che siamo finalmente in grado di spiccare il volo.
So di averla proposta tempo fa, oggi però non posso tacerla tra le pagine dei miei libri:


PierPaolo Pasolini, Alla bandiera rossa

Per chi conosce solo il tuo colore,
bandiera rossa,
tu devi realmente esistere, perché lui esista:
chi era coperto di croste è coperto di piaghe,
il bracciante diventa mendicante,
il napoletano calabrese, il calabrese africano,
l'analfabeta una bufala o un cane.
Chi conosceva appena il tuo colore,
bandiera rossa,
sta per non conoscerti più, neanche coi sensi:
tu che già vanti tante glorie borghesi e operaie,
ridiventa straccio, e il più povero ti sventoli.

venerdì 20 aprile 2007


Eccolo il frutto di una serata. Si può credere di divertirsi anche senza poesia, fin quando si scopre che il divertimento è poesia esso stesso. E su quella pista una manciata di simili ognuno per l'altro, tutti per tutti.
Ora, siccome scrivere epici poemi su una normalmente straordinaria serata tra amici potrebbe diventare una palla da sedici per la prossima puntata al bowling, passo alla sommaria narrazione degli eventi della serata, augurandomi di non tralasciare nulla e confidando, qualora questa imperdonabile eventualità dovesse verificarsi, nei vostri chiarificatori interventi!!!
L'appuntamento era con il Dott. Azzarà (Onorevole sulla bolletta) alle 21 davanti la Facoltà. Gli avevo raccomandato di comunicare ora e luogo dell'appuntamento agli altri intervenienti, ma chiaramente aspettarsi cotanta diligenza da un uomo impegnato come l'Onorevole era assolutamente impensabile. Così per sicurezza contatto le Bafie, che chiaramente non sapevano nulla, e le informo. Ore 20.45 circa imbocco l'uscita Messina centro quasi per inerzia (il gas sta boccheggiando sin da Messina SanFilippo) e raggiungo Vale. La vedo emergere in tutto il suo splendore accompagnata da una generosa busta che credo essere omaggio a me destinato. Nulla di fatto, si accomoda in macchina con un bel sacco dell'immondizia ancora da sigillare. Depositato il presunto dono negli appositi cassonetti ci dirigiamo presso Casa Bafia. Vale scende e recupera le tre solari fanciulle che si accomodano dentro il lussuoso mezzo da me condotto (le portiere non cigolano più perchè sono state abbondantemente innaffiate di grasso adesivo idrorepellente e ho persino sistemato il tergicristallo lato guida). Raggiungiamo l'Onorevole in facoltà, o, meglio, lui raggiunge noi visto che si portava sul luogo dell'appuntamento con notevole ritardo. Promettiamo di reincontrarci presso la stazione di servizio Agip-Tremestieri in quanto il mio fiammante mezzo necessita di rifornimento carburante. Viste le potenzialità della mia vettura giungo al luogo destinato con diversi minuti di anticipo sul rivale Onorevole, attendo in compagnia di quante con me dividevano il prezioso abitacolo l'addetto alla pompa GPL, che non dimostra molta solerzia nel servizio. Nelle more del riempimento serbatoio giunge l'onorevole, in compagnia della consorte e della new entry Maria, e si affianca alla mia vettura. L'impiegato alla pompa, divenuto improvvisamente zelante, cerca di rifornire di GPL anche il retrogrado mezzo dell'ultimo arrivato, senza però rinvenire l'apposito bocchettone GPL (che non esiste sulla vettura dell'Onorevole). Inutili le lagnanze dell'Azzarà, che per sfuggire alla minacciosa pompa del benzinaio, è costretto ad allontanarsi dalla colonnina in tutta fretta. Ci ritroviamo davanti al mecdonals, sono costretto ad entrarci dopo circa nove anni di fedele boicottaggio per amore di comitiva. Su pressione di Tere opto per un mecbecon quando avrei preferito il mecfish (non ricordo l'esatta denominazione, quello col pesce dentro). Il sapore di mecdonals non è cambiato nell'ultimo decennio, le patate a bastoncino però ora si possono barattare con quelle che sembrano patate vere che, comunque, non mi sono piaciute. Chiudiamo in bellezza con un meraviglioso gelato, effettiva sorpresa della serata considerato che quella pappetta bianca del mecdonals non l'avevo mai neanche assaggiata a causa del ribrezzo che mi ha sempre procurato. Mischiata con un surrogato di Bacio era veramente godibile. Sosta in bagno per camicia macchiata e relativo intervento salvatessuto da parte di Vale, che approfitta della mia pausa asciugatura per approfondire l'intima conoscenza di Salvi. Tutto bello, tutto economico, tutto divertente. Ci si rivede al Bowling. Ciò che avvenne sulla pista è testimoniato dalla bolletta allegata al post (cliccarci su per ingrandire); da sottolineare solo due importanti risultati: la mia perpetrata predominanza sull'Onorevole e la sorprendente scoperta di un campo della vita in cui ho potuto superare Mari!!! Altro che Mastercard!!! :). Si conclude così la serata, sul tappeto d'asfalto che per vie diverse ha riportato entrambi i mezzi davanti alla stessa porta, metafora alla quale piace aggrappare il ricordo di una splendida serata.
Qualcuno è mancato, e tutto va diviso anche con gli assenti, e in particolare con un assente speciale che si è manifestato in itinere :). A quando la prossima? A presto, come spero sempre. E grazie di nuovo...

giovedì 19 aprile 2007

Arriva anche questo pomeriggio, e si accinge a lanciarmi in una serata che non dubito sarà decisamente sopra le mie aspettative. Perchè le persone "giuste", sono tali solo se sanno lasciarti ogni giorno con molto più di quanto ti saresti aspettato, è per questo che sono "giuste". E mi spiace non essere perfettamente in sintonia a volte, come mi spiacerebbe osservare la poca sintonia di qualcuno, per qualsiasi motivo. E in certi momenti scordo la precarietà che mi contraddistingue, perchè la strada che conduce a mete desiderate, allegre, è sempre sicura, sempre felicemente scontata. E allora a dopo, vi raggiungerò consumate queste due ore che mi separano dal garage, e sarò solo per la serata. Una splendida serata...

lunedì 16 aprile 2007

Ho mandato giù un bicchiere di vino immaginario e messo su un disco altrettanto immaginario, giusto per fingere di non annegare in questo silenzio che mi sono creato. E scrivo. Forse è davvero ora di tornare alle origini di questa pagina, tornare alle ragioni che mi hanno portato a scrivere migliaia di righe. Era Ottobre duemilacinque, tornavo alla vita grazie alla rianimazione di un piccolo grappolo di persone, e cominciavo a imbrattare questo foglio potenzialmente infinito solo per poter sussurrare il mio grazie commosso. Post dopo post ho continuato a crescere, a volte ho persino camminato solo sulle mie gambe. Ho sproloquiato su tutto, dalla politica all'amore, dagli amici al senso della vita. Tante volte ho faticato a partorire le mie righe quotidiane. E questi mesi hanno donato svolte epocali, cambiamenti e quel lento mutare quotidiano. Ho potuto ritrovare la persona che avevo perso e che credevo perduta per sempre, ho trovato l'amore, ho fallito qualche esame, ho fatto crescere i capelli, ho consumato parte della mano sinistra a morsi. Più semplicemente ho vissuto. E nel mio lento vivere questi mesi sono stati accompagnati sempre da quell'incantevole grappolo: una componente che non riesce a mutare, che ha resistito al tormento dei miei giorni, forse pure alla mia apparente maleducazione, alle mie numerose mancanze. Eppure non passa giorno che non sia segnato da un gesto che mi riconduca al grappolo. E il mio parlare strano dell'ultimo periodo non è un prendere le distanze da questa mia amata realtà. Credete alle mie parole, vi prego. Forse si potrebbe credere che sia arrivato il momento di chiedere scusa dopo aver tanto ringraziato. Ma sarebbero delle scuse velate di ipocrisia, perchè non esiste un istante della mia vita che non sia marchiato indelebilmente dei vostri nomi. Oggi si chiacchierava appassionatamente, come sempre. Dopo una settimana di semisilenzio tutto pareva ancora più avvincente, e si è parlato di queste righe un po' dimesse da qualche tempo. Forse più visitate, più apprezzate fuori... ma non esiste visita che possa gratificarmi se non viene dopo quella del grappolo. Oggi sono tornato a pensare che quello frequentato è l'ultimo corso. Un "diritto civile II" che solo per questo motivo acquista prestigio al mio cuore. Tra un anno sarà tutto così diverso, ma non posso credere che i nostri momenti assieme potranno finire. E non ci credo. Perchè tutto potrebbe essere più difficile, più complesso... ma non può non essere più. E nella complessità del nostro essere futuro spero potremo essere più vicini, un po' come le catene del dna, lunghe anche un centimetro ma tanto connaturate da scomparire agli occhi. E forse è vero, saranno anche solo i dieci minuti di un caffè, forse sarà solo per Natale e mai per Pasqua, ma ditemi che sarà ancora. Ditemi che ci saremo ogni volta che la vita avrà la necessità di essere segnata. Ditemi che non finirà la nostra nobile filosofia del perizoma o della culotte, il nostro pettegolezzo di alto livello, le nostre tavolate, le nevrosi da libro, le prime granite dell'anno e le ultime. Ditemi che non vi stancherete mai delle mie vignette idiote, delle mie battute vergognose. Ma se oggi non siedo al banco degli idioti durante la lezione, se non arrivo all'ultimo momento e se non fuggo da solo alla fine è tutto grazie a quanti di voi hanno avuto la forza di resuscitarmi, forse rinunciando anche ad un pizzico della propria vita. E non voglio più credere a ciò che mi venne insegnato, che l'amicizia vera non esiste, che esiste solo uno scambio volgarmente educato di interessi. Non posso credere questo di voi. E oggi che ho meno bisogno di aiuto, che sono vicino al raggiungimento di un equilibrio precario al punto giusto, oggi che le domande non mi preoccupano più come un tempo, oggi che un senso non fatico a trovarlo per qualsiasi avvenimento, oggi non sento venire meno la necessità della vostra presenza. Tutt'altro. Oggi posso godere di voi con più libertà, con più piacere. Della mia esistenza accademica resteranno i nostri giorni, gli esami condivisi, gli sms, le pizze e le birre. E oggi che si parla di un Bowling del giovedì non posso che tornare con la mente quell'Ottobre con il quale ho iniziato: quella sera nella quale vi ho lasciato colleghi per trovarvi qualche giorno dopo tutti Dottori, e il rammarico di quella sera, per non aver avuto nessuno da accompagnare a casa, le lacrime al volante in uno di quei momenti in cui mancano solo musichetta dolce e titoli di coda.
Ha senso allora l'ennesimo "grazie", così come un senso oggi ha pure la mia persona. Le gioie di questi mesi, le fortune infinite, i sorrisi e la forza di sapere che anche io posso esistere sono tutti accessori che avete donato a una vita spoglia. E non dimentico nulla, anche se a volte speculo e sroloquio a vuoto, non dimentico nulla anche se a volte mi distraggo felice. Certamente non sono stato per voi ciò che voi siete stati per me, ma serbare con profonda passione tanta gratitudine è certamente più emozionante che riceverla. Per questo resto felice anche nella mia impotenza.
Grazie per questa e per tutte le altre pagine che ho avuto il coraggio di scrivere. Grazie di tutto, spero abbiate ancora la forza di contare anche su di me... a domani...

sabato 14 aprile 2007

Capita pure di raccogliere ogni tanto. Capita di vedere ore di sacrificio che si credevano sparite per sempre, materializzarsi sotto una sottile forma d'arte, sotto una lieve piacevolezza, una forma così intonatamente strana... Ci avevo pure creduto un tempo, ci avevo pure sperato. Tutto è giunto così, all'improvviso, lasciandomi un sorriso commosso sulle labbra. E io a cercare di capire cosa c'entravo in quel piccolo miracoloso evento. Andate a controllare tutte le mele che avete sepolto, non inciampate come me su un fuscello sorto all'improvviso da una terra che ricordavate derelitta...

venerdì 13 aprile 2007

Avete visto mai come la cera umiliata dal calore della fiamma scivola invisibile e si rialza piano? E' un fenomeno banale, sembra quasi un frattale indecifrabile. Ciò che è certo è il mutare delle forme, la fuga dagli schemi e la rinascita sotto altre specie. E la cera che cola diventa sempre meno, potremmo ricomporre ogni volta una candela nuova, ma ogni volta la candela sarà più minuta. Fino a consumare, fino a consumarsi nell'istante in cui si sarà donata all'eterno, rarefatta in molecole e poi in atomi, in fiumi di cera calda prima, in sculture plastiche poi, in vapori impercettibili sempre. E così scompare parte di ogni mio giorno, parte di me. Così usiamo consumarci anche noi, consapevoli di non essere più percepibili, e tuttavia di dimorare da qualche parte, di essere custoditi e custodire, di essere amati e amare, di voler apparire solo per scomparire...

giovedì 12 aprile 2007

Hai da offrirmi ancora qualcosa, notte? Hai ancora certi sapori, certi rumori per me? Sai che non mi importa? In fondo sto bene adesso, e tu hai già fatto abbastanza, quella che chiamano vita oggi è realtà per me...

mercoledì 11 aprile 2007

L'anno scorso, proprio oggi, veniva tratto in arresto Bernardo Provenzano. Ricordo il momento in cui ho appreso la notizia, ricordo dove mi trovavo e con chi ero. Ricordo le prime persone che ho avvisato, ricordo un sorso di commozione. Ma è davvero cambiato qualcosa?

Nel millenovecentonovantuno, proprio oggi, finiva la prima guerra del Golfo. Ricordo poco di quei giorni. Ma è davvero cambiato qualcosa?

Sembra tutto così immobile ogni tanto, tutto così ciclicamente ostinato. Ed è curioso notare come io sia cambiato, da un anno fa come dal millenovecentonovantuno, e suppongo tutti voi siate cambiati, tutti siano cambiati... e perchè allora ci trasciniamo sempre gli stessi stupidi problemi?

martedì 10 aprile 2007

E forse il mio più grande desiderio era commuovermi di dirotta felicità. Ma ho dovuto trattenermi. Credo di aver semplicemente cominciato a capire, a capire un po' tutto, a capire come girano certi sistemi. E credo di aver sfogliato mille vite ed essere tornato a dividere le pagine della mia con lo stesso segnalibro. Ho vissuto di esperienze impaziente di poter tornare a vivere le mie, e adesso comincio a intravedere orizzonti non immaginari, spazi concreti, mura solide e aree aperte. Alla fine di una giornata indimenticabile, ieri ho come al solito ripercorso la via di casa. Ad un tratto una veloce occhiata si è impossessata di un'immagine dal sapore strano: con la coda dell'occhio ho scrutato le decine di finestre che si affacciano dall' Hotel Europa, catena Best Western. E tra le tante finestre serrate molti spiragli di luce. Credo di aver spiato ognuna di quelle celle in un frammento di secondo: Tanti erano i silenzi addormentati, tante le stanze vuote. Due letti invece emanavano solitudine desolata e inconsolabile. Accanto, forse, due persone stavano amandosi...

lunedì 9 aprile 2007

A volte gioisco dell'incompiutezza che mi circonda, ne gioisco perchè la vedo come unico mezzo di tensione ad una inesistente perfezione. Altre volte però la mia incompiutezza pesa, e più che tendere all'inesistente perfezione, mi trascina agli inferi dell'eterna insoddisfazione. Non è bello, ma è comunque ciò che sono obbligato a vivere. E per questo forse sarebbe meglio non lamentarsi.

sabato 7 aprile 2007

No, non sono scomparso, non sono stato rapito nè mi sono perso. Prendete questo silenzio come il mio personale modo di digiunare. Rinunciare alle parole mi fa tornare a qualche mese addietro, quando delle parole ero privo, prima di quel ventuno ottobre che mi ha visto affacciarmi a questo orizzonte digitale che di digitale ha ben poco. E facendomi sinossi io stesso, osservo i risultati di un'evoluzione cessantemente incessata, osservo decine di miracoli che mi hanno visto protagonista. E questo silenzio sofferto diventa linfa, e diventa ciò che di più caro io possa offrirvi, amici miei.

venerdì 6 aprile 2007

Francesco Guccini, Venerdì Santo.

Venerdì Santo, prima di sera, c'era l'odore di primavera;
Venerdì Santo, le chiese aperte mostrano in viola che Cristo è morto;
Venerdì Santo, piene d'incenso sono le vecchie strade del centro
o forse è polvere che in primavera sembra bruciare come la cera.

Venerdì Santo, stanchi di gente, siamo in un buio fatto di niente
Venerdì Santo, anche l'amore sembra languore di penitenza
Venerdì Santo, muore il Signore, tu muori amore fra le mie braccia,
poi viene sera resta soltanto dolce un ricordo: Venerdì Santo...

Venerdì Santo, prima di sera, c'era l'odore di primavera;
Venerdì Santo, le chiese aperte mostrano in viola che Cristo è morto;
Venerdì Santo, piene d'incenso sono le vecchie strade del centro
o forse è polvere che in primavera sembra bruciare come la cera.

Venerdì Santo, stanchi di gente, siamo in un buio fatto di niente
Venerdì Santo, anche l'amore sembra languore di penitenza
Venerdì Santo, muore il Signore, tu muori amore fra le mie braccia,
poi viene sera resta soltanto dolce un ricordo: Venerdì Santo...

mercoledì 4 aprile 2007

Vorrei che fosse per sempre, e non mi importa se neanche fiumi, mari e monti sono per sempre. Vorrei che fosse per sempre perchè esiste qualcosa di più pesante dei monti, più impetuoso dei fiumi, più grande dei mari. E si tratta di una condizione che, se non è per sempre, non è affatto. L'eternità spaventa la materia, ma in amore, come ho sempre creduto, ha valore solo ciò che non conosce la svalutazione dei sensi...

lunedì 2 aprile 2007

Senza scarpe adesso, e senza calzini. Come chi sa di non dover fuggire da nessuna parte, come chi sa di poter poggiare sicuro il piede, senza imprevisti e senza inconvenienti. Come chi crede di essere in grado di dominare gli spazi, come chi pensa di possedere. Come, come... oppure semplicemente come chi ha voglia di sentirsi comodo e sa che l'imprevisto è tale solo in quanto non è prevedibile, come chi sa che il piede non poggia mai sicuro, che sia scalzo o ospitato da un anfibio. E già aprile viene, scaldando finalmente le automobili al sole, chiazzando le ascelle delle ragazze che corrono all'università (oddio, pure i ragazzi... ma la prima ipotesi è più gradevole :)), lasciando intravedere sempre più azzurro tra i monti o sul mare, e un azzurro sempre meno pallido, sempre più deciso. E soffre chi ha un tetto sulla testa per non poter godere di tanto colore, come soffre chi non ha un tetto sulla testa quando tutto è grigio. Forse siamo tutti uguali.


Giacomo Leopardi, L'Infinito

Sempre caro mi fu quest’ermo colle
e questa siepe che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni e la presente
e viva, e il suon di lei: Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Perchè non so scrivere con le scarpe ai piedi?