sabato 1 novembre 2008

Giustizia come sacrale paradigma di innata ingiustizia. (solo una bozza)

Hanno fatto molto scalpore, in questi giorni, le dichiarazioni del Presidente Emerito Cossiga. Il clamore dei giornali tuttavia non è neppure paragonabile ai disordini che ho deciso di affrontare intimamente nel silenzio delle mie ormai frenetiche giornate. Perché se da una parte ho apprezzato molto i numerosissimi interventi di tanti amici che, come me, tentano di tenere a galla il proprio amato spazio, dall'altra non mi sono mai trovato pienamente d'accordo. Dovessi sintetizzare nel topolino la mole di montagnapensieri che mi hanno accompagnato un po' ovunque in questi giorni, mi esprimerei nella seguente proposta di sproloquio. Partiamo con un considerando: molto di rado concordo con quanto sostiene il picconatore consumato, tuttavia lo considero uomo di grandissima, viva e fervida intelligenza nonostante le ingiurie dei giorni. Ho riflettuto poi su una considerazione di fondo, e cioè sul fatto che tutte le democrazie, pure quelle dalle espositiane pareti di vetro, conoscono servizi segreti e provocatori, come sono stati definiti. Adesso, i nostri palazzi di Governo al vetro preferiscono cemento e tendaggi pesanti, ma questo poco importa; ciò che rileva è che, nella scelta, io preferirei pareti opache con Presidente che mi parla di servizi e provocatori che pareti di vetro annegate nel silenzio. E non credo di dire abominii se mi permetto di ritenere che, nella pratica, non esistono democrazie senza segreti, e per questo, ribadisco, le parole di Cossiga le prendo come informazioni dalle quinte, e non mi scandalizzano. A questo punto la logica del mio pensiero si spinge su due ordini di considerazioni più agre che dolci che meritano di essere, per mere ragioni di opportunità, scisse. Le chiameremo, con originalità, "considerazione A" e "considerazione B". Considerazione A: la maturità di una democrazia non dovrebbe misurarsi dalla eventuale presenza di provocatori tra le folle quanto dalla capacità dei provocati di non cadere nella provocazione. Cerco di dire che il peccato non può essere rinvenuto nella azione quanto nella reazione, perché in fondo la più cocente sconfitta, il suicidio non meditato, il perfetto fallimento del provocatore è la relegazione nel vortice di una parafrasi carnale del porgere l'altra guancia. Premessa alla "considerazione B": so come è fatto un manganello, parlo con cognizione di causa, almeno presumibilmente. Considerazione B: fin quando ci saranno giovani disposti a scendere in piazza, pure con il pretesto di raccogliere una manganellata e rimediare lo squarcio di un'arcata sopracciliare, il nostro Paese sarà salvo, quantomeno fuori dal rischio di coma. L'incoscienza di giovanile immaturità è sacra quando porta a questo genere di sacrifici, e, purché non ne venga irrimediabilmente coinvolta la vita, come purtroppo è accaduto, certamente reversibile. Mi fa molta più paura quell'incoscienza, quel torpore da playstation che somiglia molto a una prematuramente indotta morte cerebrale, e lo dico con profondo rispetto e avanzando scuse nei confronti dei morti cerebrali concreti. Che poi a scagliare la pietra sia un trentenne è parecchio diverso, ma è tutta un'altra storia. Epiprologo: non possono esistere conquiste che non vengano scolpite da blocchi di sofferenze e soprusi, da sconfitte e torture, da dissensi e connaturatamente sacre ingiustizie. Perché è da lì, dalla percezione dell'ingiustizia che nasce l'innata e virtuosa tensione che toglie il sonno ai giusti e li spinge alla ricerca del sacrificio, che è per ciò solo ricerca di giustizia. A ciascuno la propria causa, a ciascuno la propria indignazione, purché la direzione sia sempre quella del sacrificio e quindi della propria giustizia. Perché ogni causa merita un folle disposto a sostenerla, ogni causa che scaturisca da indignazione, dal ribrezzo di uno status quo merita almeno una sana manganellata che possa legittimarne la sacra tensione alla giustizia, come ontologico paradigma di innata e pervasiva ingiustizia, quasi mai motore del giusto ma motore dei giusti sempre.

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