domenica 10 gennaio 2010

Il petalo e(') il peto. E lo sguardo dei vecchi.

Dietro ogni lungo silenzio c'è sempre un colmo boccale di eventi bevuto d'un fiato, che non lascia il tempo di prendere il respiro a spiegarsi, a dire buono, a dire porcheria. Dietro il lungo silenzio che ha ammutolito questa pagina ci sono gli eventi, quelli con la e maiuscola e quelli quotidiani. Il duemilanove appena trascorso è stato un anno da cinque post, e ne avrebbe meritati cinque milioni. Dall'ultima mia apparizione sono stato colto da un compleanno, dalla prima parcella incassata, dalla prima discussione in solitaria davanti a un giudice, da una borsa di studio immeritata, e soprattutto dall'ultima volta in cui ho messo dita su questo foglio ho visto materializzarsi piano embrioni di sogni che avevo scelto di congelare, ho visto invecchiare me stesso e le persone a me più care, ho visto tante albe e tanti tramonti, ho vissuto centinaia di quotidiane avventure, silenziose da lasciare un solco, ho visto amici allontanarsi e tuttavia rinsaldare, ho visto amici allontanarsi e basta; insomma, ho visto cose che voi umani potete immaginare benissimo, senza neppure un po' di sforzo.
Mi è sfuggito troppo in questi mesi, ho perso parole pesanti da tramortire, ho perso istanti, sguardi, emozioni. Eppure sono finalmente sfiorato, pur lontanamente, da un alone rassicurante di serenità, di quella serenità incompiuta che non ti dà pace e ti sbatte ogni giorno sulla tua strada a riscoprire il tuo amore, a risvegliare le passioni di cui cominciavi a sentirti prigioniero o semplicemente a scopare qualche briciola di pane da conservare per la cena.
Ho scoperto di amare fino alla commozione il silenzio ventoso dei boschi, quella quiete sottolineata dal fruscio maestoso dell'aria palpabile. Ho scoperto che siamo fatti della stessa sostanza della sostanza, dalla quale è indecifrabile l'agro dal dolce. Ho mangiato un limone dolce, e credo che tra un peto e un petalo la differenza sia in quell'al lontano dalla realtà materiale, mero suono (che poi il petalo non suona, ma il peto sì).
Si è fuso tutto nella mia realtà. Adesso sono due i concetti: il bene e il male. A questi deve aggiungersi un metaconcetto, e cioè l'amore che mi invita a consumare letteralmente il cervello per capire dove finisca uno e dove cominci l'altro, e un paraconcetto, l'amore-specchio che mi permette di interpretare tutto il resto della realtà fusa. Ai lettori tuttavia consiglio di non dare del paraconcetto all'amata/o, ché non suona bene.
Il sincretismo di questa fase della mia vita potrebbe dunque essere rappresentato dal crogiolo. E non esiste crogiolo più capace dello sguardo dei vecchi, che sa brillare nonostante le cataratte, di quello straccio di retina che ha visto milioni di esistenze e miliardi su miliardi di fotogrammi sovraimpressi, sciolti nel nero della memoria. Ecco, domani la mia esistenza ancora da compiersi annegherà nel nero profondo dello sguardo di un vecchio, scolpendo una lapide più che hi-tech su una materia delicata da svanire. Credo che sarà il massimo onore.

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