venerdì 10 dicembre 2010

Precipitando sino a risalire qualcosa.

Io non so se avete mai sentito il rumore di una goccia che cade. No, non il rumore della goccia che arriva nell'acqua, né il rumore della goccia che batte sul vetro o sulla carrozzeria. Io mi riferisco esattamente al rumore della caduta, che toglie il respiro fino a farmi soffocare dell'attesa di un impatto. Stavo leggendo un parere sul 2051 c.c. poco fa, quando ho deciso che il mal di testa si era fatto un po' troppo invadente, e troppo tardi si era fatto per un sano sorso di novalgina. E allora ho ripercorso la mia vita, dall'ottobre circa del 2005 ad oggi, grossomodo la vita dell'iBook che ho fedele sotto le dita. Sto ancora precipitando, ma sento che un grosso, stupendo cerchio sta per chiudersi. Avevo dimenticato migliaia di frammenti, schegge di mail, di mms, di post, parvenze di pensieri. E adesso mi sento a un soffio dal vetro, dalla carrozzeria, e sento la necessità di ripercorrere questa vita meravigliosa prima che il cerchio si chiuda e che lo schianto mi inghiotta. Sono tornato indietro al primo post, a quando sentivo il bisogno di dirvi grazie, ed è un bisogno ancora attuale e vivo, nonostante i tempi non siano più quelli di una volta, nonostante per parlare al dott. Azzarà sia necessario tentare una telefonata e sperare che uno dei telefonini sia libero. Quante meteore nella mia vita, e sotto quel cielo sempre più salde le maniglie della mia realtà, tra un po' di focaccia e un cinema sempre più raro. Nonostante tutto, è tutto così bello grazie a molti di voi. E in fondo, cosa è veramente cambiato? A parte i tempi ristretti, a parte la familiarità con uno stress disumano che ci chiude l'anima in un cassetto per giorni, a parte il panico di un cambiamento, a parte tutto, cosa è veramente cambiato di noi? C'è qualcosa che ci ha allontanati davvero? Non ne sono mai stato molto sicuro, ed oggi lo sono ancora meno. Per una volta mi permetto di non temere il futuro, ma di apprezzare al contrario quanto è passato velocemente sulla mia schiena, sotto queste dita. E domani, domani chissà, ma cosa importa, perché se sono arrivato ad oggi, comprendo che oggi non è altro che il domani di ieri, e ce l'ho fatta.
Comincio a temere, o forse a sperare, che il vetro sia ancora lontano, e che questo precipitare possa avere una fine lontana... Grazie amici miei, grazie vita.

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mercoledì 1 dicembre 2010

Caro blog ti (ri)scrivo...

...così mi rifletto un po'. In questa sera di dicembre giallino, con la sabbia del deserto e i venti gradi; con l'umidità che i feltrini delle sedie appiccicano, con le mani che vanno lavate una volta in più. In questa sera così. Così strana. In questa sera a un passo dagli esami che sembravano così lontani, in questa sera da aspiranti professionisti che iniziano comprando più di una risma di carta alla volta e si ritrovano, d'un tratto, titolari di un numerino lungo lungo che non sai cos'è e forse neanche a cosa serva, ma lo vuoi, lo volevi e ora ce l'hai. In questa sera che la mia fidanzatina mi manda un messaggio per dirmi che sta per mangiare, in una cucina lontana e che, come gli esami, a breve mi troverò nella stanza accanto senza accorgermene, in un modo così dolcemente indolore.
Miseria vacca, le lucine alle finestre sono già qui, anche qui dove non c'è la neve, e dove la neve è solo di cotone, o sintetica spray. E il cuore ad intermittenza si scalda di lucina, e ora accende gli affetti, ora i desideri, le aspirazioni. Si accende e mi avvicina, mi mostra un po' tutto; si spegne e tutto scompare avvolto da una nebbia che spaventa perché non ha odore.
È una mano sulla spalla questo stato d'animo. E come ogni mano sulla spalla si compone di due momenti: del momento della spalla e del momento della mano. Perché la spalla può essere distratta o concentrata, desiderosa della carezza o insensibile ad ogni evento; perché la mano può essere quella della fidanzatina, di un padre, di un collega anziano, ma anche del cliente a cui qualche giorno fa hai regalato vent'anni di galera, ed ora è lì in attesa che la sentenza diventi definitiva, ma nel frattempo ha il dolce desiderio di lasciarti spegnere in una pozza di sangue.
Bisogna avere coraggio ad addormentarsi in questa vita; bisogna avere fegato a chiudere gli occhi senza aver messo a posto l'ultimo compitino. E allora, forse, sono tanto coraggioso, e allora, forse, lo sono da sempre.
Da molte settimane amo il punto e virgola. C'é uno psicanalista che me la spiega, questa?

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