venerdì 30 giugno 2006

Sono mille i panorami che offre lo stesso balcone, alcuni belli più di altri, uno solo superbo. E lo puoi scrutare solo qualche istante, alzare gli occhi al cielo e vedere gli astri impallidire, gli uomini perseverare nel loro stato di indifferenza ottusa, l'orizzonte cedere e traballare... Per pochi istanti il tempo può fermarsi, solo perchè non può mostrare le sue incertezze a tutte le creature, io, privilegiato, ho osservato. Il tempo si è fermato giusto qualche secondo, solo io sono stato capace di accorgermene...
Ti spio da una porta socchiusa, sapendo che non sai di sapere che il mio occhio ti osserva, ti osservo nell'ombra di una tenda accostata, sapendo che non sai di sapere che il mio occhio si nutre di te... E so che sai di non sapere mille cose, ma il saper di non saperle equivale a viverle. Io so di non sapere cosa sia la vita, eppure la vivo...

giovedì 29 giugno 2006

Certi disegni non possono che riconoscersi come opera di una mano che vive la scienza della perfezione, una mano che vive il carattere dell'eternità. E come spesso accade la perfezione appare incomprensibile, ciò che dovrebbe vivere una semplicità "perfettamente" conosciuta diventa caos, smarrimento, "ove per poco il cor non si spaura"... subentra così la sindrome di stendhal, e ciò che è perfetto ci schiaccia della nostra inadeguatezza... Lo spirito è quello di chi vuole viverla questa perfezione, il corpo risale una corrente impetuosa... ma si arriverà alla fonte, io ci credo.

mercoledì 28 giugno 2006

E' come un'immagine, uno scenario intravisto da qualche parte... e in un attimo, ma come accadde spesso, cambiò il volto d'ogni cosa...

Francesco Guccini, Autogrill

La ragazza dietro al banco mescolava birra chiara e Seven-up,
e il sorriso da fossette e denti era da pubblicità,
come i visi alle pareti di quel piccolo autogrill,
mentre i sogni miei segreti li rombavano via i TIR...

Bella, d' una sua bellezza acerba, bionda senza averne l' aria,
quasi triste, come i fiori e l' erba di scarpata ferroviaria,
il silenzio era scalfito solo dalle mie chimere
che tracciavo con un dito dentro ai cerchi del bicchiere...

Basso il sole all' orizzonte colorava la vetrina
e stampava lampi e impronte sulla pompa da benzina,
lei specchiò alla soda-fountain quel suo viso da bambina
ed io.... sentivo un' infelicità vicina...

Vergognandomi, ma solo un poco appena, misi un disco nel juke-box
per sentirmi quasi in una scena di un film vecchio della Fox,
ma per non gettarle in faccia qualche inutile cliché
picchiettavo un indù in latta di una scatola di té...

Ma nel gioco avrei dovuto dirle: "Senti, senti io ti vorrei parlare...",
poi prendendo la sua mano sopra al banco: "Non so come cominciare:
non la vedi, non la tocchi oggi la malinconia?
Non lasciamo che trabocchi: vieni, andiamo, andiamo via."

Terminò in un cigolio il mio disco d' atmosfera,
si sentì uno sgocciolio in quell' aria al neon e pesa,
sovrastò l' acciottolio quella mia frase sospesa,
"ed io... ", ma poi arrivò una coppia di sorpresa...

E in un attimo, ma come accade spesso, cambiò il volto d' ogni cosa,
cancellarono di colpo ogni riflesso le tendine in nylon rosa,
mi chiamò la strada bianca, "Quant'è?" chiesi, e la pagai,
le lasciai un nickel di mancia, presi il resto e me ne andai...

martedì 27 giugno 2006

Un minuscolo aggiornamento: discuto spesso e rifletto sul concetto di arte, la visione di determinati capolavori poi riconduce il concetto a spazi limitatissimi e inavvicinabili (se ad esempio è arte quella di Antonello da Messina poco spazio rimane per immaginare l'esistenza di altri "artisti"). Tuttavia voglio sottoporre alla vostra attenzione questo "lavoretto" realizzato in flash , e chiedervi se questa piccola fatica possa considerarsi lontana dall'essere ricondotta nel cerchio di ciò che chiamiamo arte.
Inoltre lancio un appello: se qualcuno tra voi si intende di ciclismo faccia un fischio... buona giornata a tutti!!!
Questo doveva essere il post di ieri, problemi di connessione mi hanno impedito di pubblicarlo per tempo...

Per anni una cosa mi è stata preclusa e mi sono precluso: l'essere libero di essere triste. Perchè spesso nella tristezza vediamo un mostro incontrollabile, e forse lo è. Il problema sta nel percepire che la tristezza ha un atteggiamento particolare: è dura quando ci assale, durissima quando importuna le persone che amiamo. Ed è ingannevole la tristezza, perchè ci costringe a pensare che se la persona che amiamo è triste, noi dobbiamo essere la causa della sua tristezza. Vivo oggi un periodo felice quanto travagliato, ciò mi comporta, anche se è difficile a credersi, uno stato di ineguagliabile serenità, serenità presente ma impalpabile. Tuttavia l'imbrunire così dilatato di certe giornate, il canto delle cicale tristi di città, pensieri difficili da controllare spianano la strada ad uno stato d'animo che ha accompagnato la mia vita, dai primi anni. Dicevo all'inizio che per anni ho dovuto provare vergogna della mia tristezza di fondo, per anni ho dovuto dimostrare di essere felice anche quando non ne avrei avuto la minima intenzione. Oggi della mia tristezza sono orgoglioso e della mia tristezza faccio scudo per fortuna vulnerabile. Illudersi di essere in grado di poter offrire un'impronta agli eventi è una trappola ben congegnata, così come lo è abbandonarsi alla comoda invocazione del destino... tutti i giorni che usuriamo in maniera inesorabilmente ciclica sono giorni strappati alla vita, ecco, oggi la vita non vuole lasciarmelo questo giorno, e vivo appeso... Chi troverà vittoria? Lo scoprirò tra poco meno di tre ore, in ogni caso sono sempre più convinto del fatto che, come dice Guccini, "capirai che la vera ambiguità
è la vita che viviamo, il qualcosa che chiamiamo esser uomini... E poi, e poi, che quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere,ma il qualcosa che ti porti dentro,
cioè vivere, vivere e poi, poi vivere e poi, poi vivere.."

domenica 25 giugno 2006

Caldo, molto, quasi troppo. E giornate lunghe, memori dell'appena trascorso solstizio d'estate. E' questo il clima che mi vede sudare sui libri, mentre confido in una piacevole sorprendente folata di vento che dalla finestra alla mia sinistra si scagli contro quella alla mia destra. E scoprire il piacere di certi piccoli eventi diventa il corollario di un'esistenza. E cos'è questa esistenza stupefacente se non il cammino da una rinuncia ad un'altra riempito di palliativi, di feticci artificiosamente costruiti... così non possiamo permetterci un tuffo nelle fresche acque del Mediterraneo e scegliamo di andare in bagno a gettare due mani d'acqua su un viso stanco; non possiamo permetterci di scrivere un pezzo di storia e ci rifugiamo nei testi che narrano imprese e cazzate altrui. Di una cosa sola godiamo tutti, o almeno quanti siamo vivi, di quella condizione che chiamano "amore", che non si cura del caldo nè delle distanze, che tutto sopporta davvero, che mostra mille volti, dal materno all'amante, ma che conduce ad unica meta. Conduce, e noi siamo condotti tra mille voglie e pochi timori, tra mille pensieri e pochi dolori... perchè in fondo l'essere condotti è condizione privilegiata, e il non vedere le strade, come capita ai ciechi che si affidano al cane guida, lascia il tempo di riflettere con animo puro, e di riflettere su casini più dolci, certi che a condurci a casa, alla casa che per noi è preparata, è una mano, una vista che non ci appartiene...

sabato 24 giugno 2006

Le antenne che stanno sui tetti, ci pensavo poco fa, osservandole dal riflesso di un vetro che distraeva il mio sguardo dai libri. Non so se capita solo a me, ma ogni quattro anni, come fosse una revisione programmata, in concomitanza coi mondiali e con una frequenza che aumenta in maniera direttamente proporzionale all'importanza dell'incontro che l'Italia è chiamata a disputare, diventano oggetto delle visite dei proprietari che, sprezzanti del pericolo, decidono di sfidare i tetti "perchè il primo si vede con la pioggia...". Adesso mi pongo una domanda: io televisione ormai ne guardo poca, e pure il mio "primo" si vede un po' "con la pioggia", ma tutti i miei dirimpettai perchè si prendono cura di quei poveri scheletri esposti h24 alle intemperie solo in occasione dei mondiali? Ed è ancora più triste notare che se in occasione delle eliminatorie i laboriosi vicini si preoccupano di modificare leggermente l'orientamento degli elementi, o al massimo intervengono con un improbabile rattoppo al fil di ferro, quando si arriva in semifinale spuntano tutti con un'antenna nuova, algoritmica magari, di quelle "che hanno il primo incorporato...". Avessi le capacità guiderei una rivolta delle povere antenne, dimenticate al freddo o al sole estivo e sostituite ogni 4 anni, ma solo se si arriva in semifinale, altrimenti eccole lì coperte di cicatrici ferrose... boh, a me mettono una profonda tristezza... "Ultimo minuto amici sportivi! Totti avanza, scambia con Inzaghi, triangolazione, limite dell'area tiro TIRO, TIR"szot.

venerdì 23 giugno 2006

Da qualche giorno rifletto sull'importanza delle pagine che quotidianamente scrivo con voi, attraverso voi, e pubblico qui con un po' di vergogna. Rifletto sul "come è cominciato", e ricordo quella sera ormai lontana, le aspettative, le paure, il descrivere una condizione che mi vedeva mutato. Oggi riconosco di dovere molto a questa pagina trasparente. E non è un autocelebrarmi, perchè ripeto, quanto su queste pagine appare non è altro che la mia persona e i nostri eventi riflessi nello specchio dei vostri sguardi. Mi sono aggrappato a queste pagine almeno quanto mi sono affidato a voi, e sono riuscito ad uscire da una condizione che non era spiacevole, ma non era la mia. E non era la mia perchè per troppo tempo avevo scelto di rimanere in silenzio, ma sono una persona che sta in silenzio solo quando c'è traffico accanto. Nel silenzio che mi avvolge invece trovo la forza di intervenire. E così è stato in questi mesi, e così mi sono fatto accompagnare, da queste parole e dai vostri gesti.. e un po presumo di avervi accompagnato, di avervi regalato un giro di giostra su una vita che non è certamente squallida... e gireremo ancora, e ne vivremo di eventi... vedrò molti di voi passarmi dentro, come è stato fin oggi, ad altri tenderò la mano e mi farò sfiorare, altri preferiscono linciarmi dolcemente con lo sguardo... a tutti riservo lo stesso rispetto, perchè tutti siete in grado di intervenire, tutti in grado di lanciarmi riflessioni...
E si torna a studiare, e si gode dei vostri successi. Giornata speciale ieri, giornata diversa... alla fine è accaduto ciò che credevo sarebbe accaduto, si ritorna alla vita a tutti gli effetti, un altro cerchio si chiude. Per questo ieri ho scelto il silenzio, per celebrare un successo che brilla di un valore particolare, ed un successo che è pure mio... e ho il coraggio di vantarlo.

mercoledì 21 giugno 2006

Certi giorni assumono un valore particolare, e si mostrano così diversi forse perchè riescono a trasmetterti in maniera tangibile tutto l'affetto di cui cento persone sono capaci. Certi giorni riescono a lasciarti sorpreso, non per la presenza di effetti speciali o avvenimenti eclatanti, ma solo per la loro sbalorditiva semplicità. In certi giorni sei in grado di tirare le somme in maniera decisa, senza esitazioni, e negli stessi giorni infine ti accorgi che ci sono stati momenti in cui la tua lucidità era da un'altra parte. In questi giorni solo conferme insomma, e solo conferme piacevoli. Perchè in questi giorni anche l'essere in grado di capire gli errori commessi è un privilegio. Così il bisogno di dire grazie a quanti ieri mi sono stati vicini cede il passo alla voglia di un silenzio commosso. Panta rei, caro Eraclito... panta rei... e la cascata che ieri ti sembrava precipizio oggi è semplicemente fervore, le schiume che ieri ti soffocavano oggi trasmettono felicità. Dell'acqua che ieri ha fatto attrito sui tuoi piedi, oggi puoi ricordare che è stata utile solo a lavarli. Il sudiciume oggi è altrove. Credere non è peccato, sperare neanche. Ma non si può credere esclusivamente alla speranza di un futuro improbabile nè si può sperare di credere in futuro nella speranza del giorno. Oggi si crede e si spera, tutto nello stesso momento, in un intreccio indissolubile ma distinto. Non credere di sperare, nè sperare di credere. Solo credere e sperare...

lunedì 19 giugno 2006

Vale la pena chiedersi dove eravamo domani dell'anno scorso, o di due, o di molti anni fa? Oggi direi non credo, e vivo questi istanti con una serenità che avevo dimenticato. Il regalo più grande l'ho già ricevuto ed è tornato ad allietare i miei giorni dopo anni di silenzio che oggi ritrovo devastanti... è accaduto e posso farci poco, ben poco. Alla fine la gioia di quanto è stato recuperato offusca gli istanti persi, che tuttavia rimangono impressi indelebilmente a guardia di un'esperienza da non dimenticare neanche per un attimo, da custodire viva nel suo dolore per tutta una vita. E, assieme a questo, regali a cascata quest'anno, e regali tutti vivibili, scoperte, rapporti, relazioni... e non è stato come crescere, non è stato neanche come invecchiare, è stato vivere, è stato esperienza. E anche l'esperienza più banale, propria di una vita banale come questa che esprimo nelle pagine che scrivo con passione dimessa, non può definirsi entro i canoni della banalità, semplicemente perchè la banalità di una vita, o la banalità di un'esperienza è sempre tenuta a rapportarsi con esempi di vita da osservare, persone speciali, amici che sono riusciti a regalarti un posto dai contorni definiti. E allora grazie, perchè con la vostra presenza avete strappato questa esistenza comune e molto poco tormentata alle intemute spire della banalità, spire delle quali è difficoltoso avvedersi senza un aiuto esemplare e costante, quell'aiuto che ho trovato in voi, e scommetto in molti tra voi che non credono minimamente di aver inciso così profondamente nei giorni che ormai da qualche mese racconto, giorni che sono esperienze, esperienze che non restano chiuse nel giorno...

domenica 18 giugno 2006

Francesco Guccini, Canzone Delle Osterie Di Fuori Porta

Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta,
ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta:
qualcuno è andato per età, qualcuno perchè già dottore
e insegue una maturità, si è sposato, fa carriera ed è una morte un po' peggiore...

Cadon come foglie o gli ubriachi sulle strade che hanno scelto,
delle rabbie antiche non rimane che una frase o qualche gesto,
non so se scusano il passato per giovinezza o per errore,
non so se ancora desto in loro, se m' incontrano per forza, la curiosità o il timore...

Io ora mi alzo tardi tutti i giorni, tiro sempre a far mattino,
le carte poi il caffè della stazione per neutralizzare il vino,
ma non ho scuse da portare, non dico più d'esser poeta,
non ho utopie da realizzare: stare a letto il giorno dopo è forse l'unica mia meta...

Si alza sempre lenta come un tempo l'alba magica in collina,
ma non provo più quando la guardo quello che provavo prima.
Ladri e profeti di futuro mi hanno portato via parecchio,
il giorno è sempre un po' più oscuro, sarà forse perchè è storia, sarà forse perchè invecchio...

Ma le strade sono piene di una rabbia che ogni giorno urla più forte,
son caduti i fiori e hanno lasciato solo simboli di morte.
Dimmi se son da lapidare se mi nascondo sempre più,
ma ognuno ha la sua pietra pronta e la prima, non negare, me la tireresti tu...

Sono più famoso che in quel tempo quando tu mi conoscevi,
non più amici, ho un pubblico che ascolta le canzoni in cui credevi
e forse ridono di me, ma in fondo ho la coscienza pura,
non rider tu se dico questo, ride chi ha nel cuore l'odio e nella mente la paura...

Ma non devi credere che questo abbia cambiato la mia vita,
è una cosa piccola di ieri che domani è già finita.
Son sempre qui a vivermi addosso, ho dai miei giorni quanto basta,
ho dalla gloria quel che posso, cioè qualcosa che andrà presto, quasi come i soldi in tasca...

Non lo crederesti ho quasi chiuso tutti gli usci all'avventura,
non perchè metterò la testa a posto, ma per noia o per paura.
Non passo notti disperate su quel che ho fatto o quel che ho avuto:
le cose andate sono andate ed ho per unico rimorso le occasioni che ho perduto...

Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta,
ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta:
qualcuno è andato per formarsi, chi per seguire la ragione,
chi perchè stanco di giocare, bere il vino, sputtanarsi ed è una morte un po' peggiore...

sabato 17 giugno 2006

La chiamano estate anche dove non c'è il mare, la spacciano per ciò che forse non riesce ad essere. La chiamano gonna anche se la indossa un manichino, e non c'è una vera ragazza dentro. La chiamano acqua anche se è venduta in bottiglie di plastica e per aprirla devi forzare un sigillo. La chiamano musica anche se devi pagare per suonarla e trovarla nei vicoli è addirittura reato. La chiamano distanza anche se puoi colmarla con piccoli sacrifici e ingigantirla con un gesto. La chiamano attesa anche se dopo un po' termina nell'incontro che speravi. La chiamano terra anche se non vi cresce l'erba e lo chiamano prato anche se è chiuso in rotoli.
A tutto siamo in grado di assegnare un nome, ma non tutto è capace di divenire esperienza. Chiamiamo tutto un po' come lo vediamo, come lo percepiamo, ma nessuno controlla la corrispondenza tra pronunciato e vissuto. E forse è meglio che estate, attesa, gonna, acqua non possano essere marchi registrati, ed è bello ingannarsi di surrogati per ore, per giorni, anni e poi rinvenire da qualche parte gli originali. Originali degni di esperienza. Voi come vi chiamereste, e come mi chiamereste oggi?

venerdì 16 giugno 2006

Forse dovremmo immaginare cosa sarebbe, come sarebbe. E immaginare cosa sarebbe, come sarebbe tutto, non solo ciò che non ci accade, ma anche ciò che accade agli altri. E' un esercizio stupendo, aiuta ad avvicinarsi. Così immagino cosa voglia dire custodire un segreto scomodo, o cosa significhi lavare i piatti quando si studia fuorisede. Non serve a molto, forse a nulla.. ma avvicina. E questo periodo meraviglioso accentua l'essere gradevole di mille altri pensieri...

giovedì 15 giugno 2006

Di nuovo qui a narrare di un altro viaggio... e mi fa uno strano effetto, mi credevo sedentario e invece adesso qualcosa mi spinge sui binari, in posti che non sono i miei. Diventa una dolce consuetudine quell'intercity notturno 792 delle 21.25. Ed è un treno strano, giunge per metà da Palermo e per metà da Siracusa, si ricongiunge sulle rive dello Stretto, o forse un po' più in là, nella stiva del traghetto, per giungere intero a Roma, tornare sui suoi passi e di nuovo scindersi a Messina. Lo prendo ancora una volta, ancora alle 21.25 e parto. Stranamente buona compagnia questa volta, un signore romano di mezz'età dall'accento particolarmente spiccato. Per il resto lo scompartimento è vuoto, vedo solo due prenotazioni che dovevano essere onorate a Taormina e che invece corrispondono a due posti splendidamente vuoti. Restano due sedili da verificare: uno sarà occupato a Villa, l'altro a Paola. Capisco che ci sarà da ridere quando, appena appena entrati nella stiva del traghetto il mio compagno di viaggio romano ha un attacco di panico: "Ao' sce stanno a portà nta na fabbrica de acido! andò stamo oddio! amo sbagliato strada! Un semo un treno merci!! Oddio!"... gli spiego che è solo il traghetto, mi invento una funzione per quei fusti e per i tubi che sono ovunque, si tranquillizza. A Villa sale invece un simpatico signore catanese, anch'egli dall'accento mooolto spiccato. Si comincia a chiacchierare e assumo la funzione di interprete: il romano non capisce nulla di ciò che dice ma annuisce spaventato, il catanese non capisce nulla del romano ma non è altrettanto delicato nella reazione e volgendosi a me ripete in continuazione: "Ou ma chi spacchiu dici chistu, ggranfigghiuisu*amin**ia". Pian piano gli argomenti si snocciolano e le orecchie si abituano, cominciano a capirsi. Il catanese verso mezzanotte comincia a fare lo stratega e lancia sul piatto un'idea meravigliosa: non appena arriviamo a Paola, suggerisce, spegniamo la luce, chiudiamo le tende e teniamo la porta, dimodochè il legittimo intestatario della prenotazione, credendo magari di disturbare possa volgere altrove. Sembra un'idea bizzarra ma accade così: vediamo l'ombra di un figuro che legge i cartellini sul nostro scompartimento ma vede tutto oscurato, attorno gli altri sono tutti illuminati. Si legge nella sua ombra una forte incertezza, cinque minuti di dilemma, si allontana, poi ritorna, staziona dietro la porta.. il catanese sussurra "ggranfigghiuisu*amin**ia, ggranfigghiuisu*amin**ia".. la tensione è palpabile. L'uomo ombra fa per aprire lo scompartimento ma il catanese tiene serrata la porta, sconsolato l'uomo ombra decide di andare altrove, tutti lodiamo il catanese che sempre più felice continua ""ggranfigghiuisu*amin**ia, ggranfigghiuisu*amin**ia!!!". Si decide di riposare. Arriviamo a Termini con qualche minuto di anticipo, saluto i compagni di viaggio, imbraccio lo zaino e percorro quelle che ormai diventano vie familiari: la solita edicola mi fornisce due biglietti integrati giornalieri, metro B stavolta, è la prima volta che la prendo. Supero fermate che evocano ricordi mai assaporati, che so, "magliana" ecc.. scendo a EUR Palasport. Verifico la posizione della sede che domani mi vedrà concorrente e torno subito indietro, a Roma uno non si mette certo a visitare l'EUR e quei laghetti lordi... Scendo a "Colosseo", percorro in giro l'anfiteatro Flavio e decido che a Termini ci devo arrivare a piedi, solo dopo aver segnato sulla cartina i punti di interesse che andavano toccati. Così dal Colosseo percorro via dei Fori Imperiali, Piazza Venezia, Via del Corso, Ministero della Difesa, Palazzo Chigi, Fontana di Trevi (sono le 6.40 e degli omini arancioni stanno raccogliendo le monetine!!!), Quirinale, Palazzo della Consulta ove entro per scattare delle foto ma vengo allontanato immediatamente da un Carabiniere, infine via Nazionale, Piazza Repubblica e Termini, esco da via Marsala e raggiungo l'alloggio. Sono già parecchio stanco, camminando sono le nove passate, ho già chiamato Bat e ritorno in metro, linea A, fermata "Giulio Agricola", ci vedremo e andremo a visitare la mostra "Antonello da Messina" alle scuderie del Quirinale. La abbraccio e torniamo in metro: un salto a Tor Vergata per adempimenti burocratici e poi via, incontro all'arte... L'attesa alle scuderie non è lunghissima, giusto il tempo di ricevere qualche nozione introduttiva dalla preparatissima guida che ha deciso di regalarmi la sua preziosa compagnia lungo le sale espositive. Ciò che avviene all'interno non so descriverlo, alla gioia di poter visitare quelle opere con la compagnia di Bat si agiunge l'orgoglio nel vedere il mondo ai piedi di un artista mio concittadino, Bat conosce tutti i segreti di ogni tela e me ne illustra sapientemente tutte le qualità. Grazie Bat. Mancano pochi giorni alla chiusura, invito quanti ne abbiano la possibilità a farlo questo sforzo, soprattutto per un messinese è un'ocasione irripetibile, vale la pena fare più che qualche sacrificio. Andiamo a mangiare qualcosa in un locale fighissimo veri fescion en trendi, il Cafè Renault, mangiamo bene, paghiamo poco e ci immergiamo nelle nostre chiacchiere in un'atmosfera extremili cul!! Riaccompagno Bat a casa, ci scambiamo il nostro arrivederci e torno in albergo, sono le tre e sono distrutto. Mi sdraio e volano parole sognanti. Vorrei vedere Piazza di Spagna nel pomeriggio ma non ce la faccio, decido così di limitarmi ad un giro in zona Termini, sorvolo sulle porcherie che ho mangiato e rientro presto in camera. Doccia purificatrice e altri pensieri misti a parole, inizia la partita ma ho di meglio a cui pensare, quegli omini si muovono ma restano dietro ai miei pensieri. Mi addormento. Sveglia alle 5, doccia e partenza alle 6, ancora una volta pago per una colazione che non posso fare... Metro B e ripercorro le strade del giorno prima. Entro al Palalottomatica dalla porta dei campioni o delle star, calco il parterre senza parquet, ma giusto il tempo di registrare la mia presenza, la prova si svolge sugli spalti. Formalità di rito e via alle danze, rispondo a tutte le 60 domande non so con quale esito. La prova termina e scappo alla metro, verifico l'esistenza di un intercity prima dell'eurostar che avevod eciso di prendere, rocambolescametne riesco a fare la prenotazione e per un soffio riesco a salire sul treno che parte puntuale. La compagnia non è entusiasmante a parte i fratellic alabresi sulla cinquantina che decidono di mangiare le cose più oleose che potevano trovare all'autogrill... Colpo di scena, pescatori occupano la stazione di Bagnara, così siamo costretti a prendere il pullman sostitutivo a Gioia Tauro. Sorvolo anche sulla pessima organizzazione e sulle bastonate che volano, ma si parte. Sorvolo pure sull'autista che più rincoglionito non si può, sbaglia pure l'uscita autostradale.. lasciamo perdere.. arrivati a Villa siamo un migliaio, gli sfrattati dal treno. Cerco di spiegare a un folto gruppo di cinesi perchè non c'è un mezzo navigabile pronto per noi. Sta per scoppiare la rivolta, un'ora di attesa e niente traghetto. E' qui che accade il colpo di scena: nel tumulto generale una voce si alza: "GGRANFIGGHIUISU*AMIN**IAAAAAAAAA!!!!" Era lui! L'amico catanese dell'andata che agitava le folle! gli vado incontro e ci salutiamo affettuosamente... arriva la zattera, vedo la mia città di nuovo da vicino, sbarco... casa. Finisce anche questa, e anche questa finisce con un grazie a chi c'è stato e soprattutto alla mia guida Bat. () Alla prossima...

Io e il Colosseo


Io e Giulio Cesare dietro che richiama la mia attenzione...


Omini arancioni scopano le monetine nella fontana di Trevi..il tintinnio è impressionante


Io e Bat sul bus...

mercoledì 14 giugno 2006

Sono tornato... un altro viaggio, un'altra esperienza.. la racconterò presto, molto presto su questa pagina. 
E' vero che tutto ha un senso e l'ho detto spesso, quando però c'è da trovare un senso alle proprie azioni tutto diventa più grave. E' forse il momento di rimproverarsi l'essere stati brutalmente sinceri, o quella che chiamo brutale sincerità forse non è altro che banale egoismo...? A volte capita di pentirsi semplicemente di un'osservazione, fatta chissà quanti mesi fa e piombata con tutta la sua pesantezza solo oggi. E' vero che un attimo di riflessione prima di esprimersi non farebbe mai male, ma la fretta, l'impazienza in fondo non sono altro che i figli illegittimi di ciò che pretendiamo saper chiamare Amore...

domenica 11 giugno 2006

Non basta il post di prima, vi lascio in musica...

Carmen Consoli, Sulle rive di Morfeo
Si è già detto tanto
e non possono audaci parole nutrire illusioni
e l'inverno che bussa alla porta
l'ospite reduce da un lungo viaggio
sguardi famelici implorano un piccolo assaggio di vita altrui
Prima dell'alba potrebbero sorprenderci
rapiti da un sogno dove nitide acque divorano i nostri passi sulle rive di Morfeo
ci stanno accerchiando ed avanzano con passo accorto come belve in agguato
Fuggi Romeo il tempo è tiranno
non è d'usignolo ma di allodola il canto
sguardi voraci si avventano
sul fiero pasto senza decenza

Prima dell'alba potrebbero sorprenderci
rapiti da un sogno dove nitide acque divorano i nostri passi
Prima dell'alba potrebbero sorprenderci
rapiti da un sogno dove nitide acque divorano i nostri passi
sulle rive di Morfeo


Ho avuto modo di ascoltare attentamente l'ultimo lavoro della cantantessa e sono sempre più convinto del fatto che si tratti di un capolavoro... Forse le mie quattro stelline su cinque lasciate su iTunes Music Store sono un po' ingenerose... di nuovo buon viaggio...
Così un altro treno mi attende, sempre lo stesso... e forse è una benedizione, le rotaie fanno riflettere. Stavolta però non ho da riflettere su quale via intraprendere, quale scelta fare, questa volta io le mie scelte le ho già fatte... e mi rode lasciare ancora una volta questa terra, con i suoi profumi, quelli vecchi e quelli appena scoperti. Ma sono solo due giorni, due giorni nei quali oltre ad aggiungere esperienza alle esperienze incontrerò uno dei cittadini più illustri che la mia terra possa vantare, e mi auguro di farlo serenamente, come immagino, avendo la possibilità tra una tela e l'altra di poter raccontare di altri colori che oggi vivo.
Non mi è dato raccontare tutto oggi, e di questo soffro. Allo stesso tempo non ho da raccontare disgrazie e di questo vivo sereno. Ed è un po' crogiolarmi in emozioni che avevo dimenticato. La scala dei valori ormai la percorro solida, e nella sua duttilità non mi sembra comunque una scala a pioli, o meglio lo è, lo era... rattoppato qualche gradino spezzato, scambiatone qualche altro adesso vive di una solidità indescrivibile, non è più legno, non è più materia... eppure si fa percorrere, ed è stabile, ferma...
Ogni giorno si vivono delusioni, e non tutti gli incontri si concludono come avremmo sperato, ma cosa sono, queste piccole delusioni quotidiane, se non un artificio che ci spinge a riflettere, e allo stesso tempo un metro che riempie di valore altro tipo di emozioni, emozioni che riempiono, che viviamo e che ci vivono...
Più forte di ieri e meno forte di domani, ogni giorno così.
Dottore ieri mi sono scordato di pagare la focaccia.
Ritmi nuovi scandiscono questa vita, ritmi palpabili. Qualcuno ne ha merito, ed è in buona compagnia...
Buon viaggio a tutti...

sabato 10 giugno 2006

E'spiacevole accorgersi di come sia superficiale emettere giudizi. Ed è grave accorgersene proprio quando si rischia seriamente di essere il prossimo oggetto del giudizio degli altri. Ancora una lezione, sperando di mantenere ferme le facoltà la prossima volta in cui sarò chiamato a (non) emetterne di giudizi affrettati.
Per il resto un comune pomeriggio, l'ansia degli studi, l'attesa di una serata tra amici, e due viaggi che mi attendono. Torno su quel treno domani sera, il solito. E ci torno anche domani mattina, stessa destinazione ma più apprensione... che sia un buon viaggio, e non può che essere un buon viaggio se tende a migliorarci, dal quale siamo tesi a crederci di più. Abbiamo vissuto distanze desolanti, siamo stati separati da deserti desolati... come può spaventarci allora qualche chilometro di ferrovia. Ancora separati da una notte, che stavolta non avrà il tempo di vincere, sarò io a percorrerla mentre essa potrà solo dimostrarmi la sua impotenza mentre viene divorata... di cosa avere paura allora? Buon viaggio, di cuore...

venerdì 9 giugno 2006

Ebbene si.. sono tornato. Anzitutto sono d'obbligo le mie scuse per la protratta assenza, forse la più lunga di sempre, ed è la scusa di non aver reso ancora partecipi tutti voi di questa piccola divertente esperienza...
Come avrete letto il mio timore, prima della partenza, era quello di non riuscire a trovare un senso a quella che, in fondo, non è stata altro che una piccola follia. Timore svanito, ed ora forse anche ingiustificato.
Come al solito partenza col mio fido "Conca d'oro" 792 in partenza da Messina c.le alle ore 21.25, compagnia fallimentare come sempre, trascorro la nottata assieme ad altre 4 persone, tre delle quali assieme che decidono armonicamente di russare. Il quarto, di fronte a me, infastidito dal russamento invece sbuffava SENZA SOLUZIONE DI CONTINUITA' e bestemmiava tra i denti cercando la mia approvazione.. non so chi dei due mi abbia dato più fastidio. Arrivo Nella capitale con quasi un'ora di ritardo. La famigliola comincia a lamentarsi del ritardo "siamo in Italia, solo qui succedono questre cose, è un'indecenza, si rubano i soldi " ecc... fino a quando appaiono i mille binari di Termini. E'finita. Scendo dal treno, l'aria fresca di Roma mi dà vigore, e sono felice di non aver nulla oltre alla maglietta. Ho circa un'ora prima di prendere la coincidenza (insomma coincidenza con un'ora di scarto mi sembra eccessivo.. vabè) per Perugia, decido così di percorrere Via Nazionale al fine di andare a vedere l'hotel che mi ospiterà per la prossima avventura (riparto domenica!!): gioisco nel vedere che l'insegna c'è pure in cinese e che in una specie di atrio fetido (non chiamiamola hall) scorgo un po' di persone che proprio raccomandabili non riuscirei a definire... mi sa che è una specie di bordello mascherato... vorrà dire che visto che il dott. azzarà non mi accompagna troverò un altro genere di compagnia! Torno a Termini e salgo sull'interregionale Roma-Perugia. Sono circa tre ore di viaggio, si taglia lo Stivale a metà, tre ore nelle quali ho la possibilità di osservare realtà inusuali per me, anche se nulla mi sembra sconosciuto... insomma sempre Italia è... Giungo a Perugia, e questa è una stazione sconosciuta, non mi ci so muovere come a Termini, ma bisogna specificare che ha solo due binari e una porta per uscire quindi non rischio di perdermi :). Acquisto due biglietti giornalieri e mi infilo sul primo bus: Destinazione Piazza Italia, sperando di non trovare Magalli... Al capolinea arrivo in 5 minuti.. e capisco che non è poi così grande questa città. Scendo dal bus e cartina alla mano capisco di non capire nulla, era una cartina di infima qualità. A fatica scorgo Corso Vannucchi e mi infilo, sapendo che il mio alloggio si trova da quelle parti. Vicoli e vicoletti mi imbuco in quella che pare la "via" del mio simpatico due stelle: via boncambi, ecco, hotel Umbria. Entro, grande cortesia, accenti medioorientali con inflessione francese. Chiedo la camera, sono circa le undici ma non è ancora pronta. Così rassicuro la reception, chiedo solo una cartina decente e l'indicazione sommaria di dove si trovasse l'università: grande errore non specificare giurisprudenza... molto cortesemente ottengo le mie informazioni sottoforma di due bei cerchietti a matita. Mi incammino di nuovo, raggiungo quella che pare una via universitaria e giro un po' di facoltà, lettere, scienze della formazione.. ma giurisprudenza non c'è. Fermo allora un gruppo di ragazzi: "scusate, giurisprudenza?" Questo con lo sguardo schifato di qualsiasi studente che incontra un collega di giurisprudenza mi fanno notare che non sono sulla retta via, mi dicono di tornare su via morlacchi, fermarmi a piazza morlacchi davanti al teatro morlacchi e scendere la scalinata morlacchi... ed io pensavo stessero scherzando.. invece in una zona tutto si chiama morlacchi, addirittura un necrologio annonciava la morte della ved. Morlacchi... bene.. confronto la cartina che avevo preparato a casa e vedo che tutto coincide. Davanti a un bivio imprevisto fermo una bella fanciulla che si offre di accompagnarmi, con distacco però, lei studia scienze politiche "ma a giurisprudenza non arrivo (aria schifata) mi fermo poco prima. dopo qualche km di scale intravedo la facoltà. Bene, adesso so dove dovrò recarmi l'indomani... mestamente torno indietro, milioni di scale e sudore... E' il momento di trovare la cioccolateria che mi ha indicato Bat, comincio a chiedere informazioni e vengo dirottato su via ercolano, o qualcosa di simile.. anche qui scale e scale... dopo molte peripezie giungo a questo famoso bar Perusia. Entro ma non c'è nulla di quanto mi aveva raccontao Bat... "scusi non è qui che fate la cioccolata buona?" "No, questo è un bar". dopo due chilometri di scale mi ntappo una moffa Homer style... risalgo la scalinata e chiedo informazione a dei giovani, molto disponibili stavolta. "Guarda è da tutt'altra parte".. "scusa mi puoi indicare sulla cartina?" "ecco vedi, noi siamo qui (indica il punto più in basso a sinistra), tu devi andare qui (ovviamente in alto a destra)"... penso che ci vorranno ore.. invece dopo mezz'oretta di cammino giungo alla meta, passando per via Scoscesa (pendenza 9000 percento). Visito il dolce rifugio e torno indietro.. sono quasi le due. Questa volta la camera è pronta, due metri per due, tutto ammunziddato, mancava solo che mettessero la tazza nel box doccia per recuperare spazio.. però più o meno pulita.. vivibile. Doccia (con spruzzi a 360 gradi dal soffitto a ovunque che sono costretto ad inseguire per lavarmi) e vado a mangiare qualcosina. Torno in albergo, comincia a diluviare, riposo. Alle 17 esco a visitare un po di monumenti... mattoni su mattoni.. non è che ci sia granchè, ma è tutto molto caratteristico, diciamo così. Visito tutto il centro storico sei volte, mi soffermo in cattedrale parteciopando alle funzioni incidentalmente incontrate e torno in albergo. Non ho fame e non mangio, ma ho sete e non avevo bevuto :( sono però già in mutande.. di uscire non se ne parla. Riposo bene, no mi sento solo, nè lontano. La stanchezza aiuta. Mi risveglio alle 5, mi sollazzo un po', alle 7 procedo con le abluzioni, sistemo lo zaino e scendo a fare colazione. Bevo un bicchiere di ace, (non la candeggina), saluto e mi appresto ad uscire. Qui un receptionista mi prega "quando lasci il giudizio sul sito della prenotazione ti prego parla bene della reception senno mi licenziano!" Lo rassicuro ed esco. Ripercorro le stradine ripetutamente visitate il giorno prima ( ) e giungo in facoltà. Attesa, incontro di una idiota che vi imiterò di persona, procedure di controllo e inizia il concorso (un po a tarallucci e vino però). L'idiota di prima estrae il tema prescelto: contabilità nell'autonomia universitaria. Duecento persone si alzano e se ne vanno subito. Io non ho idea di cosa si stia trattando, mi aggrappo con forza alle teorie ruggeriane e alla Carta Costituzionale: scrivo quattro pagine di cose belle. Fiero consegno e scappo alla stazione. Perugia-Roma, Termini, prenoto, mangio un panino, bevo due litri di liquidi (non avevo ancora bevuto nulla) e attendo il mio Eurostar. Nel viaggio di ritorno non molto da segnalare, se non un giovine napoletano che si siede di fronte a me, nonostante non in possesso della prenotazione, obbligatoria sugli eurostar. Questo mi guarda strano, e nell'immaginario collettivo uno pensa: ecco il napoletano vuole fregarmi. Mi riprovero questo pensiero idiota. Ma lui mi guarda "Frate' mi si è scaricato il telefonino, mi presti il tuo? Uso la mia shcheda!). Io dico, beh, che c'è di male, prendo il telefonino e fiducioso glielo consegno dopo aver rimosso la mia scheda. Questo si alza, prende il telefonino e mi lascia il suo, io penso ecco, mi ha fregato, ora lui va via e mi lascia co sto coso finto, ma non avevo il coraggio di dirgli senti non allontanarti che ho paura che mi cali il pacco. La mia fiducia è premiata, torna dopo venti minuti, mi riconsegan il mio telefonino. La nostra conoscenza però finisce li: arriva il controllore, chiede il biglietto, e l'amico napoletano "Uè devo arrivare a Napoli!" e il controllore "embe'?". Lo invita ad alzarsi e a seguirlo... non lo vidi più. Rientro a casa, le luci dello Stretto mi osservano, amo questa città, non so spiegare quanto nè come. E le luci sembravano guardarmi, e sorridere... e palpitare...
Finisce qui quella che non voglio considerare una mia esperienza, vorrei fosse considerata anche vostra. Perchè non ero solo, e i miei pensieri erano per voi, sempre. Adesso ho raccontato, non so quanto ho tralasciato, ne parleremo di persona forse. Non posso rileggere tutto, perdonate errori e imprecisioni. Una sola cosa, grazie a tutti voi, grazie di cuore, per esserci e per esserci stati.

lunedì 5 giugno 2006

Un'altra notte che sa di treno mi attende, leggermente diversa questa volta, la destinazione finale non è Roma infatti, che toccherò solo per qualche ora, ma Perugia. Ed è strano, molto. E' strano perchè non troverò nessuno ad aspettarmi, come è triste perchè finora non avrò nessuno con cui condividere questi kilometri, ma arriveranno tempi più felici. Per il momento solo un po' di estraneità da me stesso: perchè non parto per piacere, non parto per lavoro, nè per affari... parto e basta. Parto perchè un giorno leggi un bando e mandi una raccomandata, così, quasi per gioco... e dopo qualche mese ti sembra scorretto non onorare l'impegno assunto con i due euro depositati alla gentile signora della posta. E ti trovi su un treno, senza sapere perchè, sperando che i binari possano separare i nodi composti dei tuoi pensieri... Ha un senso questo viaggio? Farei troppo presto a dire "no"... per questo mi ripeto, dopo averlo ripetuto a molti di voi, che tutto deve avere un senso, anche quando non si intravede, neanche a fatica. Allora lascio scegliere ai miei binari, mi portino dove desiderano... e sarà comodo obbedire solo a scambi obbligati, vivere due giorni diversi, tornare, rivedere le mie lenzuola e solo allora chiedermi: "cosa è stato? Cosa è rimasto?". Di una cosa sono certo, molti tra voi vedranno con me Perugia domani, attraverso i miei occhi. Anche se è scomodo, mi spiace, ma di molti tra voi non posso fare a meno, ovunque io sia... e allora buon viaggio...

domenica 4 giugno 2006

Solo un po' di silenzio anche oggi... e domani un altro viaggio, come ieri in fondo. Non so se ormai vivo dei miei desideri o se siano essi a vivere di me... vedremo...

venerdì 2 giugno 2006

E giugno è arrivato davvero, così presto... E si vede: esami, giornate più lunghe, odori particolari... Avrei tanto da scrivere, ma scrivo poco. Tormenti nuovi e piacevoli, la consapevolezza di aver imparato a vivere solo la giornata che ti ospita. Lezioni ogni giorno, e lezioni di vita... che accademia la vita. Così ieri sera ho potuto di nuovo apprezzare dal vivo la mia attrice preferita, diviso tra due palchi: quello distante ben amministrato da un'ottima compagnia teatrale, e quello alla mia destra, così spontaneo, così naturale... eppure così nuovo.
Poi decidi che è ora di continuare la serata, mangi qualcosa, ti sazi di più con parole giuste... e chi viene a darti un'altra lezione? Il conto. Un entità inanimata, fredda e tanto sconveniente riesce anche a sorriderti ogni tanto. E capisci che è semplice affermare che molte cose nella vita non hanno prezzo, più complesso accorgerti di tutto ciò in un millesimo di secondo, fulminante, istantaneo. Che ti prende e subito ti lascia. Poi altre parole, altri gesti ormai familiari... e di nuovo capire il senso dell'utilità...
Segue la notte, e inizia una nuova giornata in questo giugno. Ti accorgi che non puoi dominarla, non puoi dominare neanche quest'ennesima giornata ed è di nuovo sera, una sera nella quale ti accorgi di dover dire arrivederci all'ultima consuetudine. E sei qui, di nuovo a bramare un po' di frastuono emozionale che vada a squarciare un silenzio che non ti appartiene più... ma, ancora una volta, non puoi proprio addomesticarla la tua giornata... che basti viverla...

giovedì 1 giugno 2006

Ovunque tu mi stia portando, realtà, fallo in fretta. Oppure vai piano, affinchè io possa non essere una molotov ma una candela...
Ecco il mio mese preferito... e le riflessioni le rimando a domani, giornata intensa oggi... :)

Da "canzone dei dodici mesi" di Francesco Guccini
Giugno, che sei maturità dell'anno, di te ringrazio Dio:
in un tuo giorno, sotto al sole caldo, ci sono nato io, ci sono nato io...
E con le messi che hai fra le tue mani ci porti il tuo tesoro,
con le tue spighe doni all' uomo il pane, alle femmine l' oro, alle femmine l' oro...