martedì 27 giugno 2006

Questo doveva essere il post di ieri, problemi di connessione mi hanno impedito di pubblicarlo per tempo...

Per anni una cosa mi è stata preclusa e mi sono precluso: l'essere libero di essere triste. Perchè spesso nella tristezza vediamo un mostro incontrollabile, e forse lo è. Il problema sta nel percepire che la tristezza ha un atteggiamento particolare: è dura quando ci assale, durissima quando importuna le persone che amiamo. Ed è ingannevole la tristezza, perchè ci costringe a pensare che se la persona che amiamo è triste, noi dobbiamo essere la causa della sua tristezza. Vivo oggi un periodo felice quanto travagliato, ciò mi comporta, anche se è difficile a credersi, uno stato di ineguagliabile serenità, serenità presente ma impalpabile. Tuttavia l'imbrunire così dilatato di certe giornate, il canto delle cicale tristi di città, pensieri difficili da controllare spianano la strada ad uno stato d'animo che ha accompagnato la mia vita, dai primi anni. Dicevo all'inizio che per anni ho dovuto provare vergogna della mia tristezza di fondo, per anni ho dovuto dimostrare di essere felice anche quando non ne avrei avuto la minima intenzione. Oggi della mia tristezza sono orgoglioso e della mia tristezza faccio scudo per fortuna vulnerabile. Illudersi di essere in grado di poter offrire un'impronta agli eventi è una trappola ben congegnata, così come lo è abbandonarsi alla comoda invocazione del destino... tutti i giorni che usuriamo in maniera inesorabilmente ciclica sono giorni strappati alla vita, ecco, oggi la vita non vuole lasciarmelo questo giorno, e vivo appeso... Chi troverà vittoria? Lo scoprirò tra poco meno di tre ore, in ogni caso sono sempre più convinto del fatto che, come dice Guccini, "capirai che la vera ambiguità
è la vita che viviamo, il qualcosa che chiamiamo esser uomini... E poi, e poi, che quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere,ma il qualcosa che ti porti dentro,
cioè vivere, vivere e poi, poi vivere e poi, poi vivere.."