martedì 1 aprile 2008

Scienze giuridiche e conflitti di creatività.

Mi consideravano (poco) genio e (poca) sregolatezza al liceo. Avrei probabilmente avuto vita facile e serena in una qualsiasi facoltà umanistica, e non lo dico per presunzione, lo dico perché lo percepisco. Eppure scegliere Giurisprudenza non fu per me una scelta sofferta. Incosciente forse, ma sofferta mai. Anzi fu una scelta convinta e solida. Mi bastarono poche settimane per comprendere che la scelta effettuata senza grandi indecisioni fosse pure quella giusta, quella che avrebbe incarnato le mie aspirazioni e le mie aspettative. La mia scelta fu vista con grande delusione da molte persone che mi stavano vicine, da tutte quelle che conoscevano la mia personalissima repulsione per la cravatta. E mi videro già morto in quelle poche settimane che rafforzavano le mie convinzioni, mi videro soffocato da quel cappio che avevo sempre respinto e dal quale ora mi lasciavo abbracciare quasi con compiacimento. Su una cosa sola dovetti e devo oggi dare ragione ai miei novelli detrattori: ho quasi dovuto rinnegare la mia (poca) creatività, l'entusiasmo che mi permetteva di farmi interrogare volontariamente in matematica pur non avendo ben presente nulla di ciò che avrei dovuto trattare, perché con le mie (innumerevoli) cazzate anche la matematica si prestava ad essere un'opinione. Pensare liberamente non si può davanti alle cattedre della facoltà, e le (numerose) volte in cui per indole ho avuto la sfortuna di pronunciare una personale convinzione ho dovuto pagare le gravi conseguenze. Persino il metodo doveva e deve conformarsi a una sorta di codice scritto-non scritto, e ho sofferto dei miei ventiquattro come dei miei ventisette. Adesso tutto sta per finire, e il tempo è tutto per la mia tesi, per le mie indagini, per i miei errori. Adesso che comincio a intravedere orizzonti nuovi dietro questa laurea comincio a scrivere il mio nuovo manifesto e a riappropriarmi di me. Quel poco genio, quella poca sregolatezza che mi sono stati affidati e che scivolano latenti tra le pareti della mia anima avranno modo (compostamente) di riaffiorare. Dietro la maschera seria e severa che avrò piacere di indossare, un impercettibile ruscello di sana immaginazione solcherà quell'avvenire che mi auguro possa essere al servizio del diritto.

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7 Comments:

Blogger guccia said...

Credo che per una persona come te sia facile trovare poesia e profondo umano anche e in special modo nel diritto. Oggi abbiamo provato la stessa nostalgia per scelte che sembrano opposte, ma che in fondo sono fatte dello stesso innamoramento, della stessa utopia.

1/4/08 15:45  
Anonymous Anonimo said...

Per me, sarai ottimo come avvocato. E poi le cravatte non sono tanto male :)

2/4/08 13:01  
Blogger M.Cristina said...

Se hai creatività vedrai che troverai il modo di usarla,in qualche modo.
Sono passata di qua perchè mi ha fatto ridere il tuo commento lasciato nel blog di marina:" il non se lo fila nessuno..." non lo so era così schietto ed umile, anche se credo che non sia proprio così, che mi ha affascinato. In un mondo dove tutti dicono cento volte di più di quello che è, la tua sincerità autoironica è stata una boccata d'aria fresca. I miei complimenti.

2/4/08 13:14  
Blogger Gianfranco said...

andrea e m.cristina: grazie per i complimenti e per essere passati da queste parti! Il mio lettore di feed si arricchisce di due bei nuovi indirizzi! A prestissimo!

2/4/08 13:24  
Blogger Franca said...

Si può essere un bravissimo avvocato anche senza portare la cravatta...

2/4/08 15:08  
Blogger Gianfranco said...

franca: ma, ma, ma come! Proprio ora che avverto il fascino della cravatta... ;( sigh... ( :) )

2/4/08 18:11  
Blogger Finazio said...

Si, rompi le catene al più presto, Spartaco!

4/4/08 23:22  

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