Il pomodoro cinese: ecco l'incubo dell'Europa indifesa. Prendi una trasmissione tipo, che so, unomattina, occhio alla spesa o simili. Prendila in un giorno a caso, prima o poi si parlerà dell'incubo del pomodoro cinese. Parte il servizio dai toni tragici, che mostra queste pericolosissime lattine contenenti nientepopodimeno che (rullo di tamburi e suspence) pomodoro cinese. Non antrace, non scorie radioattive: pomodoro cinese. E tutti a demonizzare sto povero pomodoro, che è rosso per i coloranti, morbido per gli emollienti, liquido per gli eccipienti... insomma non è pomodoro, è un prodotto cinese. Adesso, io in Cina non ho mai avuto la fortuna di andarci, confido quindi nelle esperienze di qualche lettore, tuttavia credo che anche in Cina il pomodoro non sia poi così diverso dal nostro. Credo sia rosso pure quello, rosso e gustoso. La TV deve comunque disprezzarlo perchè è cinese, perchè i prodotti cinesi sono scadenti, sono il male, perchè i cinesi si sono messi a fare concorrenza ai negozianti italiani, aprono i negozi nelle stesse vie e vendono di più, aprono sempre più negozi e hanno successo. E poi i cinesi sfruttano i bambini, commerciano organi, foraggiano la mafia (cinese). Dei raccoglitori di pomodoro in Puglia o in Sicilia che lavorano sedici ore al giorno per dieci euro non ci si preoccupa molto, sono in nero, è come se non esistessero. Della mafia (siciliana) nulla da dire, piuttosto si fà silenzio, quel silenzio a lei tanto congeniale. Le sofisticazioni alimentari in Italia non esistono, per carità. C'è solo lo sfruttamento cinese, la mafia cinese e le sofisticazioni cinesi. E 'sto santo pomodoro diventa una specie di capro espiatorio. Io credo che ogni sistema produttivo debba essere autoctono per tante ragioni, e debba rivolgersi solo in via eccezionale a più o meno probabili importazioni. Ciò non vuol dire che se in Italia mangiamo il pomodoro cinese siano i cinesi a commettere un delitto, evidentemente sanno vendere meglio di noi. E il pomodoro cinese è sofisticato come quello italiano, nè più nè meno. E' prodotto con lavoratori sfruttati per la stessa percentuale italiana, nè più nè meno. Forse la verità è che ci stiamo imbarbarendo, nel duemila si parlava di globalizzazione, di cittadini del mondo. Oggi si parla di dazi e dogane, si parla di minaccia cinese, si parla di tante cose strane. La verità è che i cinesi sanno commerciare meglio di noi, vendono a cinque euro una maglietta che alla produzione ne costa tre. Noi la stessa la rivenderemmo a 50. Questo potrebbe essere considerato buon commercio, potrebbe persino essere conveniente a molti. Non a tutti però. E se i negozi cinesi si moltiplicano invece di chiudere come i nostri, è evidentemente perchè chi lavora in officina non può pagare cinquanta euro per un bene che ne vale cinque. E finiamola con la storia dei beni di lusso, dell'alta qualità, del made in Italy. L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro, non sul lusso nè sul made in Italy. E il cittadino italiano compra come preferisce, e a volte può preferire di acquistare al prezzo giusto. Se la crisi fosse un concetto generale chiuderebbero tutti i negozi indistintamente, e tutti i negozi indistintamente sarebbero in crisi. Chissà perchè invece quelli cinesi si moltiplicano e gli italiani chiudono e lamentano crisi. Credo sia giunto il momento di prendere lezioni di marketing, di osservare in umile silenzio. Perchè è arrivata l'ora in cui abbiamo poco da insegnare. Tutto ciò potrebbe farci bene.
lunedì 26 marzo 2007
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