domenica 19 novembre 2006

Non esisterebbe sport più abbordabile che attaccare la televisione di oggi e i suoi contenuti. Dal canto mio le concedo minuti con parsimonia e cerco di prendere tutto molto poco sul serio, e, soprattutto, ne parlo poco, molto poco. Una cosa però non riesco a tacere: caso vuole che negli ultimi due sabati mi sia trovato a fare distrattamente un po' di zapping prima di dedicarmi ad altro, e una cosa mi ha investito con tutta la sua crudeltà: il sabato sera su Canale 5 si specula, si fa spettacolo sulla sindrome di Down. Le mie obiezioni sono state tacciate di "bigottismo laico", in quanto a detta di qualcuno sarebbe mia intenzione confinare le persone che convivono con la sindrome. Nulla di più falso: ricordo tempo fa diverse trasmissioni, una delle quali mi pare trasmessa da Raitre, in cui diversi "ragazzi Down" avevano la possibilità di esprimersi, di poter mostrare al pubblico ignorante, me in prima fila, che la sindrome di Down non limita le capacità, non impedisce di scrivere in prosa e in versi, di studiare uno strumento musicale con buoni risultati, di prendere posizioni forti su temi importanti, di abbandonarsi anche ad una vocazione, di vivere, in tutto e per tutto, una vita "normale". Su Canale 5 i Down diventano un'attrazione buffonesca, con il loro sguardo "un po' così", con la loro spontaneità. Su Canale 5 la violenza è autorizzata, e un ragazzo viene costretto a ingurgitare il formaggio che solo alla vista gli provoca conati di vomito. Sono amareggiato più che sconvolto: nessuno si permetterebbe mai di costringere la DeFilippi o Costanzo a mangiare un cibo non gradito, se il torturato però è "un Down", tutto è consentito: lo si appella "bugiardo", "capriccioso", lo si costringe a mangiare un cibo assolutamente non gradito... e giù a ridere, a ridere di qualsiasi affermazione: un "sì" del "Down" suscita ilarità, una qualsiasi altra espressione fragorose risate. Quanto mi piacerebbe conoscere l'opinione di qualcuno che con la sindrome di Down fa i conti tutti i giorni sulla propria pelle. Le risate del pubblico invece solo ed esclusivamente un affare sporco, di cui sarebbe opportuno vergognarsi.