mercoledì 8 novembre 2006

Momenti di misera, finta autocommiserazione. Ascoltavo Radio24 nel primo pomeriggio: monografia su Lucio Battisti, e senza neanche pensarci, dopo una decina di minuti nei quali l'ascolto era passato in secondo piano, e restava spazio solo per pensieri che non sapevo neanche di ospitare, ho cominciato a farmi delle domande, si parlava di libertà, di cavalli... mi sono chiesto perchè non ho avuto il coraggio di provare gli studi e la strada del musicista, perchè? La risposta è sopravvenuta liscia come l'olio e tremendamente vera: "Ti manca il talento...". E poi ho continuato a pensare fino a scovare una tragica verità: ma il talento per studiare legge ce l'ho? Ho paura a darmi una risposta: ciò che faccio mi piace, e ancor più mi allettano prospettive temporalmente lontane: ma il talento ce l'ho? Il mio corso di studi dice di no. E mi ritrovo mediocre "musicista", mediocre scrittore e mediocre giurista. Continuavo a pensare, e un'arte me la sono ritrovata, perchè c'è una cosa che so vivere al cento per cento: la sofferenza. Io so soffrire, so come soffrire, so come si soffre. Non è commiserarsi questo, è donare efficacia dichiarativa a un dato di fatto. Il problema è che non si può vivere di sofferenza, almeno a me pare impossibile. E mi chiedo come possa io essere così felice, così soddisfatto dopo queste parole. Certo non è masochismo, è semplicemente la mia realtà. Il coraggio di abbracciare la musica non l'ho avuto, la letteratura invece mi ha proprio respinto, la legge al dire il vero mi affascina e riesco ancora a trattenerla... ma in realtà padroneggio solo momenti di breve interminabile sofferenza. E credo di esserne felice quanto soddisfatto...