mercoledì 28 dicembre 2005

Ecco i versi che vi avevo promesso: parole discutibili ma per me estremamente affascinanti.. non amo il gioco e lo sapete, ma questi versi rappresentano certamente qualcosa in più che un elogio o un invito al gioco, a mio parere ci ricordano che la vita non è schema, non è immagine, la vita è [...].

QUALCHE BUONA PAROLA PER CERTI VIZI
(QUASI UN INNO)

O tu che fatichi sia lustrando stivali
sia come ragioniere o aiuto-ragioniera,
e tu che, per il daffare e la malinconia, hai una faccia
gualcita e verde come un biglietto da tre rubli!

Sarto, per esempio. Chi te lo fa fare
di portare questi calzoni per la prova?
E' perché non hai nessuno zio tu, e se ne hai uno
non è ricco, non è moribondo e non sta in America?

Fattelo dire da uno intelligente e che ha letto molto:
Puskin, Scepkin, Vrubel' non credevano
né al verso né al gestire né a un tono prezioso,
ma è nel rublo che credevano soltanto.

Tu vivi solo per stirare e ferirti con le forbici.
Già la barba ti s'intreccia con la canizie,
ma l'hai mai vista una volta almeno la melarancia
come se la cresce e cresce sopra l'albero?

Sudate e faticate, faticate e sudate,
e i figli figlieranno e ingrandiranno,
altri ragazzi-ragionieri, altre ragazze-ragioniere,
e gli uni e le altre suderanno come questi qua.

Invece io ieri, senza l'ordine di nessuno,
come niente,
a chemin de fer con cento rubli di partenza,
alla sesta mano, me n'ero fatti tremila e duecento.

M'importa assai se, con un dito sulla bocca,
malignano che mi sarei aiutato
segnando un asso e l'altro
impercettibilmente con un'unghia.

Gli occhi dei giocatori nella notte
brillavano come due rubli,
e io li a ripulirmene qualcuno, come un forzuto operaio
scarica la stiva d'una nave.

Gloria a chi per primo ha ritrovato
come rivoltare e vuotare al prossimo le tasche,
senza faticare e aguzzare l'ingegno,
ma in maniera pulita ed elegante!

E quando qualcuno mi dice che il lavoro è ecc. ecc.,
come se fregasse rafano su una grattugia arrugginita,
io, con una mano sulla spalla, gli domando soavemente:
«Voi chiedete ancora carte, quando avete un cinque?».

1915